TURCHIA

06/03/2018

Problemi coi documenti d'importazione

In questi giorni, diverse aziende stanno segnalando problemi con le esportazioni in Turchia; in particolare, non sono poche le aziende turche che stanno richiedendo ai fornitori italiani sia un documento chiamato “exporter declaration” che un certificato di origine rilasciato dalla CCIAA.

Vediamo, quindi, di spiegare cosa sta capitando.

Il 30 dicembre scorso, la Turchia ha deciso l’applicazione di dazi addizionali (Additional Customs Duties - ACD) all’importazione di certe categorie di prodotti originari di determinati Paesi.

Il provvedimento è divenuto effettivo il 28 febbraio 2018.

Tra la Turchia e l’Unione Europea è in vigore un trattato di associazione, in virtù del quale quasi tutti i prodotti (esclusi buona parte di quelli del settore siderurgico e i prodotti agricoli) possono essere liberamente importati in esenzione da dazi, a condizione di essere scortati da certificati di circolazione A.TR .

Tuttavia, dato che il certificato A.TR non menziona il Paese di origine, la Dogana turca aveva inizialmente richiesto anche la presentazione di un certificato di origine.

Successivamente, dato che la richiesta di un Certificato di Origine contrasta con lo spirito del Trattato di Associazione stipulato con l’UE, le autorità turche hanno stabilito che un “exporter declaration”, firmata dall’esportatore UE, è generalmente sufficiente per provare l’origine dei prodotti importati dai Paesi UE.

In conseguenza di quanto sopra, la Dogana turca non dovrebbe più richiedere un certificato di origine per le merci provenienti da Paesi UE, a meno che non vi siano dubbi basati su “concrete e serie motivazioni”.

Nel caso in cui qualche esportatore italiano dovesse tutt’ora avere problemi con le proprie esportazioni in Turchia, lo invitiamo a segnalarci il caso in modo da poterne informare gli appositi uffici della Commissione Europea.
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